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Nota critica di rosetta Savelli- estratto dal catalogo - "Nuovi linguaggi nell’Arte Contemporanea" alla Galleria Farini di Bologna - 5 luglio 2014

Lucia Verrilli originaria di Basilea vive attualmente a Perugia, dopo avere frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Perugia ha ampliato il suo percorso artistico frequentando corsi di fotografia e di ceramica. Ha pubblicato anche alcune sue poesie ed il libro “Fausto e Tennino” per la casa editrice IL FILO di Roma, nel quale ha realizzato anche la copertina ed alcune illustrazioni. Lucia Verrilli racconta un mondo magico e onorico che sembra volere introdurre nel mondo della fiaba, a metà fra sogno e realtà. Le sue figure femminili possono apparire come fate o maghe, completamente immerse in una dimensione sospesa fra ciò che è e ciò che si vorrebbe che fosse. Infatti le espressioni delle donne di Lucia Verrilli sono sempre a metà fra lo stupore e l’assorto, come rapite da un qualcosa di indefinito e indefinibile. Anche i paesaggi di Lucia Verrilli immettono all’interno di una realtà incantata e fiabesca dove l’abbondanza del colore verde rapisce e al contempo conforta ed acquieta. Alla Mostra è qui presente con la sua opera “Metamorfosi, vivere è cambiare”,cm.55×140 opera del 2014. Di nuovo l’espressione dello sguardo femminile qui è attonito e immerso in una densa situazione di stupore e di riflessione, i colori intendono esprimere leggerezza nella parte reale e materiale del dipinto. mentre si tramutano in concretezza nella parte onirica del dipinto, all’apice della folta capigliatura emerge un ampio respiro di colore rosso, come ad indicare una nuova via o una nuova possibilità nel proprio percorso al quale si può accedere solo attraverso il sogno.

 

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ASSONANZE - Nota critica di Maria De Michele – Napoli 5 aprile 2014

Catturare porzioni di realtà e perdere ogni dimensione di spazio e tempo, Lucia Verrilli riduce astrattamente la superficie dei dipinti creando la tridimensionalità.  

I suoi paesaggi sono la risultante di  immagini trasfigurate, evanescenti, invenzioni rarefatte e suggestive che giocano con la luce di maggiore o minore intensità. Un’artista poliedrica che sul filo di tematiche letterarie dà alle sue opere una rappresentazione pittorica completa. Il costante legame pittura-poesia per assonanza e contrapposizione svincola  le sue opere dal contesto esclusivamente visivo. Concettuali o semplicemente percettivi, concreti e al contempo virtuali  gli squarci di natura dell’artista rivelano una vena di malinconia. Il linguaggio  fonde in sé il desiderio di non sterilizzare le composizioni in forme perfette ma in visioni della realtà. La serie di dipinti “Habitat” ha  una connotazione simbolica sociale. In un clima onirico la natura appare incontaminata, non c’è presenza dell’uomo, assonanze coloristiche ricreano una nuova identità del paesaggio. Accompagnati da testi letterari le sue composizioni poetiche suggellano e definiscono il senso delle opere pittoriche. Una chiave di lettura dal sapore magico, sentieri sperimentali che svelano e velano un personale itinerario, l’artista ci partecipa empaticamente il segno della libertà di pensiero, attraverso immagini che catturano il travaglio luminoso della poesia e ne accettano l’abbraccio. Il ritmo del colore sfuma i termini netti, respira e canta la leggerezza. Ad un attento esame il fruitore avverte l’ebbrezza soffusa di una sofferenza contemplativa, un’ individualità genuina avulsa da tentazioni emulative.

 Camminando lungo l’itinerario di un sogno Lucia Verrilli cerca il suo sentiero abbeverandosi di luce. Il silenzio della natura, come messaggio poetico veicolato da  sensibilità e  intelligenza, è esigenza di estemporaneità schiusa a ricordi ancestrali, reazioni di rigetto ad una società che si allontana inesorabilmente dai valori che classificano l’essere umano.

 

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LIMITE  CONFINE  INFINITO

Testo di DAVIDE SCIUTO  (critico d’Arte, Latisana (UD) –  2002)

 

Ci sono tanti modi di rappresentare la contemporaneità, ma non sempre è facile trovare quello che ti consenta di non eccedere nella trasgressione. per cercare un senso espressivo che possa risultare utile sul piano intellettuale a chi osserva e ama contemplare l’Arte.

Nello sforzo di sintesi tra la rappresentazione avanguardista e l’estetica dell’immagine artistica, la Verrilli ha trovato un efficace codice comunicativo.

L’artista è attratta dai più svariati e singolari aspetti della realtà, di cui si appropria allorquando questi divengono i temi fondanti delle sue opere. La sua arte diviene a volte una “Registrazione”, come lei stessa ama definire il suo processo creativo, sapientemente eseguita attraverso l’uso di colori intensi, vitali e materiali sempre diversi in una frenetica ricerca espressiva.

Ciò è particolarmente evidente in “Saracinesca” nelle quali si apprezza la corposità materica del colore, steso istintivamente e direttamente sul supporto cartaceo, alla maniera di Pollock, ma anche di stimati artisti italiani quali Vedova, Afro e Schifano. La sua Arte è informale, proprio per l’inportanza che assume in lei la plasticità del segno lasciato sulla tela a comunicare sensazioni viscerali e profonde emozioni.

Il colore è ripreso dalla natura, come si può facilmente percepire nei quadri raffiguranti l’”Ameba”, in cui si scorge lo spettro di un mondo sconosciuto e primordiale che non inquieta, al contrario attrae, grazie alla sua intensa luminosità e alla esplosione delle forme.

Così nelle varie versioni di “Tracce” la Verrillli passa dal bianco candido al rosa intenso, al verde acceso, all’arancione fino ad un violento rosso, per esprimere attraverso l’attento uso della materia pittorica un’armonia universale, un viaggio nell’inconscio alla ricerca di una dimensione più autentica, ancestrale.

Alcune di queste sue rappresentazioni ricordano lo stile di Burri e Fautrier, per il valore che assume la materia e l’impatto del segno sulla tela, che crea una tensione compositiva; altre sono pervase dalla musica alla maniera di Kandinsky, infatti, le sue opere sono legate l’una all’altra come in un armoniosa composizione sinfonica nella quale una nota rimanda alla successiva.

Così avviene anche nella sua copiosa produzione di “Orizzonti”, in cui si esalta l’immaginazione, la dimensione onirica attraverso una mescolanza di tecniche pittoriche e supporti cartacei sempre diversi, fino all’utilizzo di rotoli di fax e registratori di cassa. Il viaggio dell’artista si muove su di una linea ideale che unisce paesaggi nordici, vagamente riconducibili all’Arte di Nolde, con una ricerca quasi scientifica della forma. Si tratta di un’Arte concettuale, “filosofica”, tesa al raggiungimento di un’originaria purezza.

Per questo, come in tutta l’Arte del Novecento, l’idea della ricerca della verità non abbandona mai l’opera della pittrice, la quale, pur mantenendo delle forme costanti, sa rinnovarsi, dando libero spazio al suo talento. Dalle “Tracce” si giunge così ad una pittura più insistita, nella ricerca del segno che non è più soltanto evocato, ma si manifesta bruscamente attraverso l’utilizzo di svariati materiali sovrapposti fra loro. La Verrilli fa propria la tecnica avanguardista del “Ready Made” e l’adatta alla sua sensibilità di Artista che sa dialogare con la tradizione. Così l’immagine che ripropone nelle sue prime opere, vitale e organica come in tutte le altre, diventa più incisiva: inpressioni spaziali, che rimandano alle forze primordiali dell’universo, si mescolano alla realtà materica del presente, per dare l’idea di un viaggio che parte dalla concretezza dell’esperienza sensibile e giunge al limite dell’esercizio intellettuale e speculativo, tanto da dimostrare come l’arte sia un vero e proprio veicolo di conoscenza.

 

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Luoghi e Tracce dell’immaginario” -  di Fabio Tedeschi  (critico d’Arte – Modena –  2001)

 

Il suo linguaggio pittorico rispecchia quanto lei stessa afferma, il succedersi di vari momenti, sensazioni del suo vivere quotidiano. Le macchie di colore anche quelle dall’apparente casualità, che riproducono i “luoghi e le tracce della memoria e dei segni”, si muovono con brio in evoluzione di tratti, linee, reticoli e chiazze materiche dal giallo al rosso al blu nelle varie scale cromatiche.

Il colore infatti diventa una nota avvincente e per molti aspetti interessante, perché assume una forte e corposa plasticità espressiva che comunica un mondo interiore pieno di vitalità. Le sue composizioni costituiscono un’espressione sempre nuova, dai toni concilianti ma con aspetti che non mancano di vivacità, sopratutto per la coordinazione del gesto e l’intensità cromatica del segno-materico, con cui la giovane pittrice di Perugia può scandire la sua fantasiosa tavolozza.

Riteniamo, cioè, che Lucia Verrilli non si preoccupi di seguire un’unico stile o una già affermata corrente artistica, ma bensì una sua poetica al di là del linguaggio, che permetta il manifestarsi della sua esuberante creatività e carica interiore. La sua pittura segnica a volte materica, assume sul supporto un aspetto di immediatezza, forte nell’articolazione strutturale, dove il colore predomina per luminosità, freschezza e accenti lirici. Richiama alla mente quell’ideale della “art autre” informale (anni ’40-’50), che rifiuta la forma e si oppone a tutte le concezioni razionali e ideologiche (cubismo, futurismo, costruttivismo…) basate su una ristrutturazione formale del linguaggio artistico, dove non possa essere presente, in qualche misura, anche la casualità dell’azione.

La materia assurge così a presenza espressiva ed autonoma, ora raffinata e lirica come nelle dense “paste” cromatiche di Fautrier e di Morlotti, ora materica con influssi surreali, come in Tapiés, ora con substrati espressionisti come in Burri, ora intensa e vibrante come nel reticolo spaziale di Tobey. “Dall’astrazione informale, l’artista – come afferma Perilli – vuole risalire alla forma, dalla forma all’immagine, dall’immagine al segno, dal segno alla traccia, dalla traccia alla memoria, dalla memoria all’inconscio, dall’inconscio alla poesia vera…..”, per raccontare agli uomini con le immagini la loro storia, gli spazi vitali e la loro condizione esistenziale. Scomparirà l’artista, resterà il segno, il segno che registra le “tracce” del nostro passaggio sulla terra, percepisce e materializza le sensazioni addotte dai segni, attraverso la performance pittorica sulla tela. Capacità di sintesi e frenesia d’immediata visibilità, si manifestano con segni plastici e macchie di colore, a volte affocate a volte timbriche che, pur rievocando il clima astratto – informale degli anni ’50, tuttavia evidenziano una loro originale fisionimia poetica.

 

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